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Pesci grossi, pesci piccoli e concentrazione di fosforo

da | Mag 14, 2014 | Testi ironici di teoria utile

Una mattina di marzo mi ha chiamata un caro cliente, vecchio amico oramai, son tanti anni che si lavora assieme. Gli è successa una cosa stranissima: è arrivata una telefonata da una grossa società di consulenza, una di quelle di cui si fa fatica a pronunciare il nome, chiedendo una offerta per la progettazione di un software ad hoc per la gestione di un progetto.

‘Dottoressa, vieni con me?’

*Certo che ci vengo, son curiosissima!*

Vien fuori che la grossa società di consulenza deve gestire la riorganizzazione operativa di un’altra grossa azienda italiana parastatale e che non ha uno strumento elettronico di raccolta, storicizzazione, lettura ed analisi dei dati di progetto. Per questo si son rivolti al mio cliente, per questo servo io.

Mi vien da ridere, a pensarci. Abbiamo incontrato il manager, quello che gestisce il Grande Cliente. Abbiamo incontrato la PM, quella che ha in mano l’operatività del lavoro (insomma, quella che fa fatturato), siamo entrati in questi uffici di super lusso in centro a Milano con un punto di domanda e siamo usciti con un contratto per la progettazione del software.

Il mio cliente è una piccola società dell’IT, progettano software ad hoc: sono in pochi, hanno le idee chiare. Ci vogliono due programmatori esperti per fare un lavoro grosso nel pochissimo tempo richiesto. Ci sono. Ci vuole un cliente che detta le specifiche funzionali: non c’è.

Allora chiedono a me: capisci il problema, definisci le specifiche, guida gli sviluppatori nei test. Un lavoro semplice, in fondo. Un fatto di scomposizione del problema nei suoi fattori minimi e loro ricomposizione lungo un percorso critico e tecnologico che consenta di gestire un database che rendiconti, nel tempo, le performance del progetto.

Ovviamente, ce l’abbiamo fatta, e nessuno aveva il minimo dubbio.

Quello che mi colpisce, più di tutto, però è la differenza nella distribuzione delle risorse tra la grande e la piccola impresa.

Pieni di titoli, di master, di alte retribuzioni e di teoria, le grandi aziende di consulenza producono slide a mezzo di slide, poi quando devono lavorare non lo san fare: esternalizzano senza guida. Stento a credere che un Project Manager iper titolato non sappia scrivere le specifiche funzionali per la lettura di un database non complesso, e invece è così.

E capita, così, che una piccola società di informatica, che normalmente si interfaccia col suo mercato di clienti altrettanto piccoli, si trovi ribaltata in questo mondo strano e diverso, dove tutti parlano e pochi lavorano, tutti dicono di sapere e nessuno fa.

Nella PMI, invece, le competenze sono tante, ricche, e distribuite su poche teste che fan tante (ma proprio tante) cose. Ci sono giovanissimi e brillanti laureati che si rimboccano le maniche e fanno tutto il mestiere, dall’inizio alla fine, così in poco tempo diventano professionisti fatti e finiti che san guardare il problema nella complessità e non solo il piccolo tassello che è toccato a loro.

E queste competenze van guidate, incanalate, massimizzate, in modo da costruire progressivamente la crescita sana e fruttifera della organizzazione.

Nata nella PMI, conosco le sue logiche intrinseche e le sue caratteristiche essenziali come conosco la disposizione degli abiti nel mio armadio. Ci sono aree grigie, posizioni che sarebbero utili ma che rimangono vacanti per anni, c’è tantissimo saper fare (i miei amici bocconiani lo chiamano expertise): una ricchezza enorme da incanalare sotto la guida di imprenditori illuminati, lungimiranti e pronti a scommettere.

C’è competenza, flessibilità, disordine da ricomporre progressivamente per generare entropia organizzativa. C’è tanto, ma davvero tanto, da fare.

Se penso a quei giorni, e poi penso al Ciclo di Deming, lo vedo perfettamente realizzato: pensare, fare, controllare, correggere. Il mio piccolo cliente l’ha fatto, e molto bene. Il suo grande cliente non ci è riuscito: si son fermati al pensare e hanno scritto delle slide, poi han passato la palla.

Meditate, cari imprenditori italiani, meditate. L’economia italiana ed il futuro del paese sono davvero nelle nostre mani.

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