Sono in Lombardia, e qui sono tutti sconvolti. Chi più chi meno allucinato, chi più chi meno spaesato. Alcuni (pochissimi a dire il vero) hanno reagito subito, due settimane e un giorno fa. Altri si sono svegliati tra ieri e stamani pensando che fosse un brutto sogno e invece no: l’emergenza sanitaria c’è.
Non ho alcuna intenzione discutere di materie che non mi competono. Personalmente, mi sembra di vedere scene del Manzoni e Gabriel Garcia Marquez e non me ne frega tanto se è peggio la peste, il colera o la polmonite. E se si muore o non e in quanti e chi… Mi interessa ottemperare alle disposizioni del Governo e fare il possibile perchè l’economia italiana non si fermi, nell’assoluto rispetto delle regole di contenimento della pandemia.
Allora vi prego, tutti, tutti, tutti, fate un piano di continuità organizzativa. E se non siete capaci, chiedete una mano agli esperti. Ve la daremo eccome.
Lo dico sempre che fare business continuity non vuol dire solo avere un piano di disaster recovery informatico, oggi si vede chiaramente.
Capisco che non ce lo avessimo già: chi diavolo poteva congetturare tra i “disastri” una pandemia improvvisa e difficilissima da contenere? Però tant’è… voi che siete fuori dalle zone rosse pensateci subito. Adesso. Usate il piccolo vantaggio differenziale che vi dà il tempo. Organizzatevi prima che arrivi massicciamente anche da voi il contagio.
E altri voi, che siete qui nelle zone “rosse”: se non lo avete già fatto non correte ai ripari isterici. Sedetevi e pensate. Meglio investire una giornata che perdere settimane di fatturato.
Fate un cazzo di piano, testate se funziona, mandatelo in funzione non appena si riveli necessario, che magari è già domani.
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Tutti quelli che non devono materialmente mettere le mani sulle cose devono andare in smart. Subito. Devono STARE A CASA e CONTINUARE A LAVORARE, per permettere anche agli altri di lavorare. E’ una scelta di responsabilità sociale, oltre che individuale. E proteggerà la nostra economia dalla recessione suicida.
Ci vogliono computer (anche domestici nella disperazione) e connessioni ad internet.
Gli operatori telefonici hanno già messo a disposizione i giga gratis a tutte le utenze business.
Se non avete sistemi raggiungibili da fuori e VPN che ve lo consentono, comprate piccoli cloud e condividete quel che serve per lavorare (Google e Microsoft rilasciano le soluzioni in minuti). Lasciate in ufficio poche persone sane e responsabili che facciano da hub per gli altri, se non potete proprio fare altro.
Fate le riunioni in videoconferenza. I sistemi contemporanei funzionano benissimo. E non costano grosse cifre (uno se la cava con 15 euro al mese per 100 persone, se po’ fa).
Non serve mandare a casa i consulenti, si fanno lavorare da remoto. Siamo tutti abituati.
Guardate su https://solidarietadigitale.agid.gov.it/. Ci sono tutti gli strumenti messi a disposizione gratis, compresi quelli di webconference.
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E per chi deve andare in sede? Per chi deve andare per strada? Per chi deve entrare in contatto con le persone?
Dispositivi di protezione individuale (guanti e mascherine coi filtri FPP2 e FPP3) e distanza di sicurezza (possibilmente il metro e ottandue centimetri che dicono i medici cinesi, perchè la misura del metro che ci hanno proposto è il solito sconto comitiva all’italiana che può fregarci tutti).
Si possono usare gli spazi in un altro modo, reinventare i layout. Si possono far turnare i lavoratori per mantenere attiva la produttività senza abusare degli ammortizzatori sociali (che finiranno prima che ce li mettano a disposizione). Si può pensare alla solidarietà, i soldi li recupereremo, la vita no.
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Fare continuità organizzativa è tutta un’altra storia, ma se domattina mi leggete e capite che val la pena di organizzarsi, fate un piano di emergenza (tecnicamente un business continuity management plan):
- Individuate i livelli minimi a cui potete permettervi di scendere e taratevi sul garantire quelli. Tutte le attività superflue si possono rallentare o fermare, i livelli minimi devono continuare a funzionare (che è quello che NON sta riuscendo a fare nemmeno Esselunga, che NON riesce a consegnare la spesa a casa a noi che dobbiamo stare a casa e neanche Amazon…).
- Valutate quali interdipendenze ci sono con altri, e se dipendete da fornitori critici, a cui dovete chiedere di aderire al vostro piano (se ce la fanno).
- Stabilite chi deve fare cosa. Chi deve stare a casa, chi deve stare in ferie, chi deve venire al lavoro, come deve proteggersi. E per farlo valutate i rischi.
- Date istruzioni chiare. Che siano prescrittive, solide e rassicuranti. Usciremo da qui se lo facciamo bene e tutti insieme.
- Ricordatevi di progettare anche il poi, e cioè come ritornare alla normalità, perchè questa storia si fa per ritornare a vivere, non per morire meno dolorosamente. Andrebbe fatto prima, ma non siamo più nelle condizioni di progettare, adesso l’emergenza va pianificata e gestita prima che abbia il sopravvento.
Lo so che sembra facile e non lo è, e poi sembra così difficile e costoso da sembrare impossibile. Se però in ballo c’è la sopravvivenza, prima nella salute e poi nell’economia del paese, vale la pena di non mettere la testa sotto la sabbia e agire, con tanto tanto sangue freddo e un po’ di speranza in fondo al vaso di Pandora.
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Chiamate i vostri consulenti. Coinvolgete gli RSPP, vi aiuteranno a valutare i rischi. Coinvolgete i medici competenti, vi aiuteranno a capire che non si misura la febbre ai passanti per pararsi il culo e come ci si comporta con i lavoratori. Coinvolgete i DPO e gli esperti di sicurezza delle informazioni, se non ce li avete chiamate i tecnici informatici: vi aiuteranno a capire quali soluzioni tecnologiche adottare. Chiedete consiglio alle associazioni di categoria, soprattutto ai servizi di sicurezza. Insieme ce la farete. Ce la faremo.
Gli esperti della gestione della emergenza siamo noi, quelli che ve lo dicono sempre ma che cosa vorrai mai che succeda. Usateci in questo momento, perchè questo è il momento per progettare non solo la gestione dell’emergenza ma anche il superamento delle difficoltà che inevitabilmente si generano.
Io credo che tutti quelli che fanno il mio lavoro siano tatuati al telefono ed al monitor ad aiutare tutti quelli che hanno bisogno. Io credo che siamo tutti disponibili ad aiutare, a ragionare insieme per capire come fare a salvarci da questa ecatombe che si prospetta.
Credo anche che nessuno dei miei colleghi vi chiederà un euro per dare una mano, se abbiamo ancora una coscienza, perchè come diceva un caro amico docente universitario oggi, dovremmo riguardare tutti il video del monologo di Paolini sulle 22.39 del 9 ottobre 1963. Sta per venire giù il Vajont e lo possiamo ancora arginare.
I VIP ci dicono di stare a casa ed hanno ragione. Ce lo dicono i giornalisti, i rianimatori, i medici e gli infermieri. I politici, i ministri, i professori. Non ci dicono come.
Non ci dicono come salvare le nostre imprese perchè stanno pensando alla emergenza sanitaria, quindi alle nostre imprese dobbiamo pensare noi. Ma lo possiamo fare: possiamo proteggere l’economia. Possiamo proteggere il lavoro. Possiamo progettare la sopravvivenza. Dobbiamo farlo.
Seguite i consigli, chiamate i vostri consulenti, aiutateli ad aiutarvi. Non fate scelte a cazzo, isteriche, cercando di proteggere 50K di fatturato, quando magari poi non c’è più lavoro per centinaia di persone per due o tre anni.
Pensate alla business continuity. Pensate, progettate, decidete. E state a casa (se potete).
Si può fare.
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Ve lo dice una che potrebbe perdere tutto il lavoro e invece sta in riunione 12 ore al giorno cercando di tirare fuori tutti quelli che può dal guano, senza aver alzato il culo dalla sedia del suo salotto (che in effetti adesso è un po’ dolorante – il culo, non la sedia ? )
È proprio il livello di controllo che ha raggiunto l’umanità ad aver fatto scaturire questo virus. Era necessario. In questo momento stiamo combattendo contro Natura. E per cosa? Per il Business (ok, non solo)
O_O
La medicina ha fatto passi da gigante alzando l’aspettativa di vita oltre il suo naturale corso, ora la natura ha trovato il modo per contrastare l’uomo e guarda un po’, colpisce maggiormente proprio nei due paesi con la longevità più alta.
Siamo in troppi! Sveglia!
E non venirmi a dire “se capitasse a te?!” o “se capitasse ai tuoi cari?!” Non attacca! Se è così che deve andare così andrà (e piangerò, o mi piangeranno).
Dovremmo imparare a vivere al meglio i pochi anni della nostra vita piuttosto che cercare di allungarla sempre più per passare più anni possibile ad inseguire il denaro.
E scrivo questo commento qui sul tuo sito e non su Facebook perché Facebook è un gregge di gente sorda che urla, e ti conosco personalmente e so che sei una persona molto intelligente, purtroppo anche tu accecata dagli standard della società, come la stra-grande maggioranza ahimè. Magari scrivendolo qui potrebbe arrivare a qualcuno, anche solo ad una persona, anche se è difficile.
E lo so che quella che si prospetta non è una via percorribile (o quanto meno auspicabile) visto che il crollo economico che ne potrebbe scaturire sarebbe dannoso da tantissimi punti di vista, primo tra tutti il rifornimento di viveri nei supermercati. Ma ci siamo chiesti come mai questo virus ha l effetto collaterale di regolare il numero di persone vive? Perché è così “giusto”? Perché uccide gli anziani e non i bambini o i giovani? Non ci può estinguere. Può solo farci abbassare un po’ la cresta e forse non sarebbe poi così male.
Spero di non farti arrabbiare con questa visione alternativa. Se vuoi cancellala, lo capirei.
Un bacio.
Davide
Ciao Davide. Grazie della lettura socio-storica delle epidemie, non ti stupirà sapere che ne sono pienamente consapevole (e tutti gli storici dell’economia lo sono).
La peste, il colera, a cosa pensi che servissero?
Il punto su cui scrivevo però non è questo. E nemmeno la protezione del capitalismo.
E’ che se nel tentativo isterico di salvare qualcosa raffazzoniamo soluzioni, mandiamo a picco l’economia del paese, e quindi anziché lo sterminio del 10% della popolazione rischiamo il genocidio per incapacità di gestire ciò che abbiamo.
La continuità operativa serve per non perdere il lavoro, non la ricchezza. Il lavoro è il fondamento dell’economia. Abbiamo i soldi per comprare il pane perchè lavoriamo. Se non proteggiamo il lavoro, distruggiamo l’economia e la gente morirà lo stesso, solo non della malattia.
Io non credo che tu voglia rimanere senza lavoro.
Parla con quelli che si stanno lamentando che li hanno messi in ferie, e non si immaginano neanche cosa vuol dire non sapere se la settimana prossima hanno i soldi sul conto.
A quello mi riferivo, non a combattere la pestilenza che è una evidente reazione del pianeta alla sovrappopolazione che dopo 400 anni ha colpito anche noi (come Ebola un decennio fa lì dove se ne fregano tutti).
Ciao Chiara,
permettimi di fare 2 considerazioni, una per alleggerire la tensione e l’altra per condividere pienamente il tuo pensiero.
Da quando ho avuto la fortunba di conoscerti come decente, ho apprezzato la tua puntualità e precisione ed è con questo spirit che correggo il tuo “22:39 del 22 ottobre 1967” con “22:39 del 9 ottobre 1963”; sono nato in quell’anno disgraziatoin cui morì anche JFK e Papa Giovanni…
Lo so fregaunc… la precisione in questo momento; corro ai ripari con la prossima considerazione!
Occupandomi di sistemi di gestione, in più di una occasione mi sono trovato a discutere della letteratura disponibie ante e post “torri gemelle” in cui ci si accorse di dover riscrivere tutto riconsiderando il fattore umano.
Quello che stiamo vivendo può diventare una grande opportunità: Einstein durante la sua vita ebbe modo di esprimere spesso il valore delle “crisi come opportunità”.
Opportunità dicevo, di rivalutare valori perduti come serietà, impegno, rispetto delle regole, per affrontare tutti insieme questa disgraziata infezione e ripartire con lo slancio che segue sempre le peggiori disavventure.
Opportunità dicevo ma non sono sicuro che sarà una buona cosa se ripartiremo con metodi e regole vecchie!
Chiudo con 2 frasi sempre “dell’Albert” che voglio condividere:
“L’unico pericolo della crisi è la tragedia che può conseguire al non voler lottare per superarla.”
“Il mondo che abbiamo creato è il prodotto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modifichiamo il nostro modo di pensare.”
Ciao Andrea!
Grazie mille del commento (e della correzione: sono andata a memoria e stavo scrivendo di getto, alla faccia della precisina che sono non ho controllato).
Sono completamente ed assolutamente concorde e mi accorgo che qualcuno sulla barca c’è: quantomeno tu, io, Einstein e Kuhn. Ma conto su molti altri.
Se hai buone idee… son qui!
Ciao Chiara, purtroppo in questo momento non ho idee, ne buone ne cattive cerco di aderire il più possibile alle misure straordinarie richieste. In azienda abbiamo dato fondo a tutte le nostre risorse per mettere tutti in condizione di lavoro smart; ad oggi oltre il 50% dei colleghi, io compreso, abbiamo la possibilità di lavorare da casa.
Da subito la nostra direzione, l’RSPP, il MC, l’RSU e l’RSL hanno istituito un comitato per affrontare l’emergenza e hanno adeguato le attività seguendo le misure man mano adottate dal nostro governo. Ritengo che un giudizio sulla qualità del nostro operato potremo averlo solo quando avremo superato completamente questa sciagura; adesso concordo con te che è il momento di remare tutti nella stessa direzione seguendo le dispozioni diffuse. Ieri accennavo all’opportunità di cambiamento che questa infezione ci da: sapremo coglierla?