Mi chiamo Annarella, ho quarantacinque anni, lavoro qui da più di venti, a due passi da casa. Ogni tanto mi sembra che l’azienda sia diventata la famiglia: son stata assunta dall’Ingegnere quando ero giovanissima e, come lui stesso diceva, non sapevo neanche allacciarmi le scarpe da sola. Mi ha voluta qui perché ero figlia di amici e avevo finito di studiare e c’era un posto vacante in amministrazione. Faccio le fatture, tengo la contabilità, vedo i verbali del CdA passare dalla scrivania del Direttore Amministrativo, che ogni tanto mi chiede di dare un’occhiata o di stampare su un foglio vidimato.
Lavoro qui da una vita e non ci capisco più niente. L’Ingegnere è morto sei anni fa e ci ha lasciati qui da soli. I suoi figli non hanno voglia di occuparsi dell’azienda, si dice da tempo che vogliano vendere. Già, così ci smembreranno in tanti pezzi. E noi, intanto?
Son tre mesi che c’è gente strana che gira in ufficio. Dicono che sono revisori dei conti, che stan facendo la due diligence (diu dili che?), entrano in ufficio, qualunque cosa stiamo facendo, ci fanno seimila domande, chiedono carte, fotocopie e non ci spiegano niente. Poi si guardano tra loro e scrivono, scrivono, scrivono…
Ho chiesto, ma non si sa niente. Si sa solo che i figli vogliono vendere, che venderanno anche noi, che qualcuno ci comprerà (anche a noi). E intanto nessuno prende decisioni.
Mi guardo intorno: i muri di questo ufficio sono un po’ come quelli di casa, i colleghi sono zii e fratelli, tutti membri della grande famiglia che siamo diventati quando c’era l’Ingegnere. Bei tempi. Adesso siamo degli orfanelli in un edificio abbandonato.
Lui sapeva sempre tutto, capiva sempre tutto, noi si pensava a niente se non ad obbedire alle sue volontà e talora alle sue lune. Era duro, è vero, ma sapeva sempre cosa fare, e quindi anche noi.
Adesso non capisco bene cosa succeda qui dentro, anche se so che lavoro faccio: mi sento come su una nave senza timone, e osservo quei tre cretini dei figli che anziché occuparsi dell’azienda di famiglia vanno in giro con le macchine grosse a fare i principi per la città, mentre noi non sappiamo che cosa ci succederà e qui nessuno ci dice cosa fare.
Il più giovane dei revisori l’altro giorno mi ha sorriso: avrà dieci anni meno di me e mi ha detto che non devo preoccuparmi. Ha detto: l’acquirente è affidabile, solido ed è un operatore professionale.
Ma cosa vuol dire? Acquirente? Affidabile, solido e professionale? Porca miseria, ma lui lo sa che c’è il mio, di culo, che siede su questa sedia sformata da più di vent’anni e che non so che fine farò?
Chi ci vuole comprare? Ci manderanno tutti a casa? Chi mi dirà quali fatture fare? Continuerò a fare il mio lavoro o finirò al magazzino?
Non lo so… ma sono un po’ preoccupata. Cielo, ci fosse ancora l’Ingegnere certo niente di tutto questo starebbe accadendo.
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