C’eran quelli che speravano nelle buone notizie.
E invece no… ce n’è ancora qualcuna di cattiva prima del gran finale col botto.
Raccontare questa storia è come ascoltare un pezzo dei Chemical Brothers a tutto volume in una stanza vuota: solo a pensarci si buca il cervello. Rimbomba nei recessi della mente, quelli che cercano di riposare la notte. Insiste. Rimbomba, picchia, insiste. Massacrante, imprevedibile, ma soprattutto imponderabile nelle sue conseguenze. Come un fungo allucinogeno di pessima fabbricazione.
Siamo al giorno cinque dello stato di guerra, ed è mercoledì mattina.
E se non bastasse, piove.
Venerdì scorso alle 16.40 del pomeriggio si è spento un server. Non un server qualunque. Si è spento, solo e abbandonato a se stesso, un server in subaffitto posticcio, privo di alcuna manutenzione ed installato contro ogni regola di senso comune, che aveva solo il compito di reggere l’ERP che fa funzionare una piccola azienda. Piccola, sì, ma che i suoi bravi milioni di euro a due cifre all’anno li fa. E con lui si sono spente le centinaia di migliaia di euro che ogni giorno nessuno può fatturare finché non si riaccende.
E ‘sto stronzo non si vuole riaccendere, carogna, il server.
Il bastardo vecchio server ha dato schermo nero: ha perso un driver di avvio. Come una macchina critica possa perdere un file del boot, qualcuno deve ancora spiegarmelo, ma sembra che sia tutta colpa di una serie innumerevole di aggiornamenti di Windows installatisi l’uno sull’altro come le croste purulente di una malattia all’apparato epiteliale.
L’hanno tirato su, ripristinando lo stupido Windows. Ci han copiato sopra l’immagine estiva che una consulente fissata aveva fatto fare per forza, sentendosi dare dell’isterica ansiosa fissata con la valutazione del rischio.
E adesso che c’è l’immagine ripristinata e il motore dell’ERP è stato riavviato… basta restorare il backup. Fa niente se l’ultima notte lo script non ha girato perché si erano bloccati tutti i servizi del server, meglio perdere un giorno e mezzo di dati piuttosto che tre mesi.
Peccato che… ebbene sì: anche il backup era fatto male. Il restore non funziona, il file di backup è inutilizzabile.
Già, perché dopo aver installato una macchina fisica e non virtuale, dopo averci lasciati attivi gli aggiornamenti automatici di Windows, dopo aver messo tutte le istanze dell’ERP nello stesso posto, sullo stesso disco, senza partizioni… come non disseminare di un altro errore questo progetto?
IL BACKUP NON FUNZIONA. Nessuna possibilità di restore.
Il responsabile IT si prende la testa tra le mani, cercando quale sia la via più breve per il suicidio.
Il capo della logistica guarda imbambolato lo schermo, chiedendosi perché nessuno gli dia retta e metta in funzione l’ultimo gradino del piano di continuità aziendale, quello che prevede il lavoro manuale dei fornitori esterni mentre si cerca di ricominciare a far funzionare gli strumenti elettronici. L’han messo insieme in fretta e furia lui e la consulente ansiolitica, lo scorso fine settimana. Per evitare il peggio: perdere vendite. Ma non interessa un granché.
Al customer service è il panico, ma lì per fortuna le informazioni arrivano frazionate e nessuno sa davvero cosa succedendo.
L’amministratore delegato non se ne cura: sono solo sistemi, qualcuno li aggiusterà. Del resto lui mica è informatico. L’informatica è roba da nerd, i sistemi di gestione son fregnacce da consulenti imbolsiti. Business is business, and this is not business.
E’ solo quello che lo fa funzionare, il business, solo che lui non lo sa, mentre beve serafico il suo caffè ridendo sereno insieme ai pochi riporti diretti con cui si relaziona.
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Peccato che qui non si aggiusta proprio niente: se non si ripristina qualcosa si son persi circa tre mesi di dati, comprese le fatture, e un enorme pezzo di customizing che nessuno saprà ricostruire. Insomma, non è proprio la fossa delle Marianne piena di guano, ma ci somiglia di brutto.
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Risuona, nei corridoi, l’eco del bombardamento mentale del pezzo dei Chemicals Brothers. Qualcuno ha gli occhi fuori della testa, l’avvocato telefona incessantemente per sapere come va e quale sarà l’entità della causa… peccato che prima di far causa qua si debba rimettere in piedi una azienda in ginocchio e nessuno ha idea di come fare.
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Del resto, a che scopo scrivere una procedura di disaster recovery e poi testarla?
Certe cose si fanno per tirarsela a fingere di essere professionisti, non perché abbiano davvero senso.
Il disaster recovery è un capriccio da tecnici, la business continuity una parola difficile con cui i consulenti fanno i soldi.
Non la differenza tra la vita e la morte di una azienda.
Godetevi il fermo immagine, adesso.
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