Ora di pranzo, mi suona il cellulare. È un cliente che conosco da una vita, abbiamo fatto un sacco di cose assieme.
‘Ciao Dottoressa’
*Ciao Ingegnere!*
‘Senti, ci ho pensato su: hai ragione tu. Certifichiamoci ISO 9000’.
Mi siedo, è meglio. Dopo sette anni che si lavora assieme a dare picconate al sistema organizzativo dell’azienda, han deciso di certificarsi ISO? Possibile?
Eppure sì, i clienti, quelli svegli, tornano. E capiscono che il miglioramento è la strada per la crescita. Allora, per onestà intellettuale, sarà meglio che la diciamo tutta: ci sono due modi per avere un certificato di Qualità.
- Comprare il solito consulente, ammanicato con l’Ente di Certificazione, mettere insieme un manuale in fretta e furia, tanto la Norma è uno standard, le regole son sempre le stesse (finchè non la aggiornano), nominare un RGQ esterno che passa due volte l’anno a dir tanto, superare con ansia lo stage 1 e lo stage 2 della visita di certificazione e poi dimenticarsi del Sistema fino alla prossima sorveglianza. L’organizzazione odierà il sistema, lo subirà, lo ignorerà, ma si spendon pochi soldi e si ottiene il celebre bollino che serve per partecipare a qualche gara qua e là.
- Scegliere di capire lo spirito della Norma, studiarlo, assorbirlo: chiedere all’organizzazione di apprendere il senso delle prescrizioni e di applicarlo attivamente. Progettare un Sistema (e quindi scrivere un manuale) che racconti l’organizzazione, quella vera, e la adatti ai requisiti della Norma per migliorare. Funzionerà solo più avanti. All’inizio son soldi investiti che sembrano spesi, nemmeno pochi, che cambiano le regole e generano un aumento del carico di lavoro delle risorse. Però poi è una favola, quando funziona: il miglioramento si attiva, le attività scorgono fluide, le segnalazioni diventano occasioni di aumento dell’efficacia… eccolo lì il famigerato miglioramento continuo. Quello che vi fa risparmiare e avere clienti, contenti, che tornano.
Ecco, io non la consiglio nemmeno più, la seconda strada. Tanto nessuno la capisce. L’investimento viene scambiato per una spesa, il miglioramento è inteso solo come una cosa rigida e noiosa che ingabbia le maglie dell’azienda.
Eppure eccolo qui, il mio vecchio cliente. Gli ho fatto il discorsetto, gli ho detto a chi telefonare. Di consulenti che fan la ISO 9000 ce n’è a bizzeffe, qualcuno è anche bravo e fa copia e incolla sui manuali senza sbagliare i nomi. *Se non vuoi investire non sprecare denaro. Non è poi così difficile avere il bollino, si tratta solo di fare un po’ di carte ogni tanto.*
Eppure no, evidentemente qualcuno ce la fa. Qualcuno vuole usare lo splendido standard per vedere se ha qualcosa da imparare, se si può far meglio.
Abbiamo cominciato a lavorare sul Sistema a marzo, costruendo un manuale che rappresentasse davvero l’azienda. Ci abbiamo implementato insieme un software che stava nascendo, perché gestire la delivery di servizi non è cosa da tutti i giorni. Abbiamo scoperto che l’azienda era fortissima sul punto 7 della Norma, che il punto 5 era già soddisfatto per sua stessa natura, che eran deboli sul 6 e sull’8, come tutti, del resto.
La prima verifica è andata abbastanza male: nessuna non conformità, è vero, ma quattro giorni di raccomandazioni verbali e cordiali schiaffi morali a quanto mancava per essere all’altezza. La certificazione è arrivata, ma non fregava niente a nessuno.
Solo l’imprenditore, che talora è un visionario illuminato, intuiva che lì dentro c’era per forza qualcosa di buono. Soprattutto, diceva, mentre gli leggevo la Norma: ‘Non dirmelo, Dottoressa. Son le stesse cose che penso io. Ma qui non funziona un cazzo di niente’. E scuoteva la testa.
Un anno dopo, prima sorveglianza, succede come ogni volta. Si son dimenticati tutti del Sistema. Hanno ignorato i documenti e le registrazioni, l’RGQ interno non ha voluto assorbire l’incarico, due settimane di lavoro buttate via per prepararsi all’audit. E soldi al consulente. Non pochi.
La verifica dura due giorni, stavolta ce le han suonate. Ne siamo usciti vivi: non si è mai visto un Sistema gestito da me che riceve qualche non conformità, ma si sono perfettamente accorti che non era presidiato. Come del resto me ne sono accorta io.
E in fondo è così: il cambiamento va accompagnato con attenzione, non è come schiacciare il pulsante della luce. Rilascia utilità nel tempo, col tempo deve essere assorbito.
*Te l’avevo detto, Ingegnere, che era una cosa difficile.*
‘Vero, Dottoressa, ma io penso ancora che sia una buona idea. Dimmi cosa dobbiamo fare.’
*RGQ interno, amico mio. Devi prenderti la responsabilità delle tue scelte. Dammi una risorsa, investi in formazione e consapevolezza, fai sì che nell’anno che viene tu spenda sempre meno per pagare me, perché avete assorbito il mio know-how.*
Mi ha guardata con gli occhi fuori della testa, perché per quanto bene mi conosca l’idea che io continui a ripetergli che io avrò lavorato bene ogni volta che non avrà più bisogno di me non gli entra, in quella zucca dura.
Però mi ha creduto. E la fiducia è la base di qualunque buon rapporto.
Abbiamo scelto insieme un candidato che avrebbe fatto la strada del miglioramento al mio fianco. Abbiamo fatto un budget: *scommettiamo che non spenderai più di così ed avrai il tuo risultato?*
Ho vinto la scommessa.
Formazione interna: sul nuovo RGQ.
Poi ancora formazione interna: coi commerciali e la delivery sul capitolo 7; con le risorse umane sul 6, con la direzione sul capitolo 8.
Aggiornamento del software: un tool veloce e facile facile per la qualificazione dei fornitori.
Dieci audit interni veri, fatti come si deve.
Quando si dà una non conformità ad una funzione, ci si aspetta un cordiale ‘vaffa’. E invece? Invece ho trovato sguardi intelligenti e colpiti dai suggerimenti: ‘in effetti è vero, Dottoressa, se facciamo così si va più svelti’.
La seconda sorveglianza è andata via liscia come l’olio, e il mio giovane RGQ e il mio caro cliente han preso le lodi del valutatore. Finalmente un Sistema ben fatto, vero, e che migliora.
Le soddisfazioni più grandi?
La responsabile HR: è venuta a dirmi, spontaneamente, che da quando abbiamo messo in ordine gli iter di selezione non si perdono più informazioni.
Il Riesame della Direzione: la batteria di indicatori ha giovato! Alcuni indici bassi hanno promosso delle vere ed effettive azioni per il futuro.
Di tutte, una è la più grande: son passati quattro mesi, leggo nella posta che gli audit sono schedulati, gli indicatori rilevati, le segnalazioni sono raccolte e nessuno mi ha telefonato.
Quando un consulente lavora bene, porta a casa il progetto e non c’è più bisogno di spendere soldi per lui: l’organizzazione ben ordita apprende, non spende.
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