da LaDela | Nov 5, 2014 | Storie di vita vissuta
Domenica mattina, ore sette. Tutti dormono. O quasi.
Qualcuno suda camicie a capire come fare a salvare il salvabile. Di solito, quello lì, è il responsabile IT. Ma se ci fosse un responsabile, avrebbe anche una procedura di disaster recovery.
Qui invece non c’è proprio niente e son due giorni che il sistema informativo aziendale è fermo, parcheggiato immobile dentro un server remoto, lassù in Germania, affittato tempo fa dietro ad una lunga catena di subappalti di servizi difficile da raccontare.
Altro che scatole cinesi: questa è una catena di Sant’Antonio.
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da LaDela | Nov 5, 2014 | Storie di vita vissuta
Questa estate un cliente che lavora nella tecnologia mi ha chiesto del supporto per redigere quello che in gergo si chiama un Business Continuity Management Plan, da fare perché è obbligato da un cliente.
Ci credono poco, come tutti.
In fondo, a cosa serve la valutazione del rischio e l’adozione di misure preventive per la sicurezza? Ma soprattutto, dei dati?
A niente: le norme internazionali le han scritte perché non sapevano cosa di meglio fare. Non lo sapevate?
La solita noiosa applicazione di qualcosa con cui il Garante per la Protezione dei Dati rompe le scatole alle aziende: niente di più, secondo l’imprenditore.
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da LaDela | Set 29, 2014 | Testi ironici di teoria utile
La competenza. Strano mistero ormai, per la PMI.
Parlo di risorse che sanno quello che dicono, che fanno quello che dicono, che dicono quello che sanno e poi lo fanno.
Risorse sì: mezzi di produzione si sarebbero chiamati, in un gergo antico e fin troppo politicamente abusato, oltre che orientato.
Risorse, capitale umano, aggregati complessi di competenze ed expertise, come direbbe un bocconiano alla mia stregua.
Consulenti? Dipendenti? Dirigenti?
Risorse.
Di questo vive l’azienda, nella società dell’informazione. Di questo, o meglio senza, può morire l’azienda, nella stessa osannata ed incompresa società dell’informazione. Perché senza sapere si va a caso. E a caso, nel lungo periodo, non si va da nessuna parte.
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da LaDela | Lug 12, 2014 | Storie di vita vissuta
Avevo vent’anni forse, secondo anno al DES, facevo la brillante alla Bocconi coi miei colleghi geni che prendevano sempre voti altissimi e la mia testa volava tra ‘scrivo libri’ e ‘dove vado stasera’. Per quanto credessi di sforzarmi, non mi rendevo bene conto di cosa mi succedesse attorno. Però mi avevano spiegato tutto.
Una sera i miei genitori si son seduti attorno al tavolo, guardando me e mio fratello dritti in faccia, e ci hanno detto che papà aveva appena preso una decisione seria: responsabilità civili e penali enormi a fare il direttore di stabilimento, una forte divergenza di opinioni con l’imprenditore per questioni di sicurezza, un accordo di ferro. Adesso lo chiamerei con il suo nome: un potente incentivo all’esodo e via, nelle mani dei cacciatori di teste. Ma mio padre no. Lui, testardo e superbo, aveva deciso di fare diversamente e diceva: *è tutta la vita che metto a posto le cose in azienda, che mando a casa le persone che non vanno, che non dormo per i pensieri affannosi e mi vengono i crampi al polpaccio della gamba sinistra: adesso l’azienda la faccio io*.
E così ci siam trovati nella grande avventura, mio fratello ed io, lui a Castellanza ed io alla Bocconi, a gravare sul bilancio famigliare come due massi in uno stagno, mentre mio padre si inventava un geniale futuro tutto nuovo con una azienda famigliare (che è ancora lì, con mio fratello vicino e me prossima).
Ho ascoltato infinite volte le storie di quanto è stato divertente e faticoso assieme arrivare in un posto nuovo, dove non conosci nessuno ed essere sbattuto al comando di una nave allo sbando. Rimboccati le maniche, metti tutto a posto. Cambia le mansioni, inverti le posizioni, premia chi merita, punisci chi danneggia. Diceva sempre, il mio grande padre, che ci vuole coraggio ed onestà a licenziare. Io non gli credevo. Temo anche di aver detto più volte che pensavo fosse uno stronzo: *papà, non si licenziano i lavoratori, poveretti*.
Poveretta io piuttosto, seduta bella comoda sul mio banco in aula 34, a fare la studente modello alla Bocconi sui libri nuovi di pacca, mentre lui sputava sangue per essere all’altezza di se stesso.
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da LaDela | Mag 14, 2014 | Testi ironici di teoria utile
Una mattina di marzo mi ha chiamata un caro cliente, vecchio amico oramai, son tanti anni che si lavora assieme. Gli è successa una cosa stranissima: è arrivata una telefonata da una grossa società di consulenza, una di quelle di cui si fa fatica a pronunciare il nome, chiedendo una offerta per la progettazione di un software ad hoc per la gestione di un progetto.
‘Dottoressa, vieni con me?’
*Certo che ci vengo, son curiosissima!*
Vien fuori che la grossa società di consulenza deve gestire la riorganizzazione operativa di un’altra grossa azienda italiana parastatale e che non ha uno strumento elettronico di raccolta, storicizzazione, lettura ed analisi dei dati di progetto. Per questo si son rivolti al mio cliente, per questo servo io.
Mi vien da ridere, a pensarci. Abbiamo incontrato il manager, quello che gestisce il Grande Cliente. Abbiamo incontrato la PM, quella che ha in mano l’operatività del lavoro (insomma, quella che fa fatturato), siamo entrati in questi uffici di super lusso in centro a Milano con un punto di domanda e siamo usciti con un contratto per la progettazione del software.
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da LaDela | Apr 9, 2014 | Testi ironici di teoria utile
Aprile, d’intorno. Piove. Piove da mesi. Quasi come se la stagione riflettesse il clima aziendale, l’aria che tira in questi giorni. Almeno, questo è il pensiero di Pietro, direttore tecnico, mentre guarda perplesso fuori dalla finestra.
Ma direttore tecnico di che? La nomina è la sua, perché si è laureato in ingegneria meccanica e per fare il direttore tecnico di un’azienda produttrice di macchine utensili ci vuole il titolo. Ma il problema è sempre lo stesso: il vero creatore è il padre. Grande, ingombrante, talora ottuso padre, che progetta su carta e poi passa in officina le sue creature, senza minimamente curarsi di tutte le difficili regole del sistema. Che se non le rispettano si va tutti in coro in galera e con le multe da pagare ci si prosciugano case e patrimoni di famiglia.
Mentre riflette sul fatto che le cose son cambiate, almeno nell’ultimo decennio, e che lui non riesce ad inculcare il fatto nella testa dura del padre, scorge un’ombra riflessa nel vetro. Elisa, sua sorella, entra come una furia in ufficio, sbraitando, e lo travolge di parole. Ne capisce circa un decimo: sua sorella ha la particolare capacità, quando è nervosa, di inghiottire una sillaba ogni due rendendosi indecifrabile. Sta blaterando qualcosa sullo straordinario degli operai.
‘Stai calma, Elisa, non ho capito niente’.
Elisa sospira: almeno suo fratello la capirà?
Elisa ha poco meno di quarant’anni, una brillante laurea in economia aziendale, fa il direttore amministrativo. Cioè, poveretta: ci prova. Peccato che qualcuno disfaccia costantemente il suo duro lavoro. Oggi è esasperata dal fatto che, nonostante siano state emesse procedure e linee guida per l’autorizzazione e la gestione del lavoro straordinario nei reparti produttivi, il capo officina continua a fare manovre strane tipo fermare gli operai più a lungo senza poi segnalare le corrette ore lavorate, generando malcontento e reclami sulle buste paga.
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da LaDela | Apr 8, 2014 | Storie di vita vissuta
Sono sempre Annarella, ho sempre 45 anni, son passati tre mesi e qui è successo un gran casino.
I revisori a un certo punto sono scomparsi dall’orizzonte, in Direzione eran tutti tesi. Ci sono state settimane dove il silenzio suonava più forte delle urla del capo della produzione.
Poi un giorno l’amministratore delegato, figlio maggiore dell’Ingegnere, il Giovanni, è entrato nel mio ufficio per salutarmi. Non l’aveva mai fatto. Figuriamoci se il principe mette piede nella mia stanza. Mi ha stretto la mano, mi ha detto felice: ‘Ce l’abbiamo fatta, finalmente ce ne andiamo.’ Ha sorriso, è uscito e mi ha lasciato lì come una pera cotta.
E adesso?
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da LaDela | Mar 12, 2014 | Storie di vita vissuta
Mi chiamo Annarella, ho quarantacinque anni, lavoro qui da più di venti, a due passi da casa. Ogni tanto mi sembra che l’azienda sia diventata la famiglia: son stata assunta dall’Ingegnere quando ero giovanissima e, come lui stesso diceva, non sapevo neanche allacciarmi le scarpe da sola. Mi ha voluta qui perché ero figlia di amici e avevo finito di studiare e c’era un posto vacante in amministrazione. Faccio le fatture, tengo la contabilità, vedo i verbali del CdA passare dalla scrivania del Direttore Amministrativo, che ogni tanto mi chiede di dare un’occhiata o di stampare su un foglio vidimato.
Lavoro qui da una vita e non ci capisco più niente. L’Ingegnere è morto sei anni fa e ci ha lasciati qui da soli. I suoi figli non hanno voglia di occuparsi dell’azienda, si dice da tempo che vogliano vendere. Già, così ci smembreranno in tanti pezzi. E noi, intanto?
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da LaDela | Nov 9, 2013 | Testi ironici di teoria utile
Un Consorzio, venti soci, una decina di milioni di euro di fatturato nel mondo dei servizi, circa 200 persone che lavorano su tutto il territorio italiano.
Nato un decennio fa da una buona idea che è diventata un esperimento professionale, il Consorzio è cresciuto molto velocemente e, come in ogni azienda italiana che si rispetti, ha lasciato fare al business senza riflettere sul fatto che la crescita va sostenuta con la costruzione delle competenze interne. Com’era? La potenza è nulla senza controllo.
E il controllo è un concetto che sfugge in massima parte in queste situazioni.
Niente dipendenti consortili, niente regolamento interno, un sultanato indiscusso, conflitto di interessi tra la presidenza del Consorzio e quella di alcune società consorziate, che ovviamente costituiscono una sorta di holding di controllo. Peccato che anche la holding sia frazionata in diverse ragioni sociali. Peccato anche che al suo interno non ci siano le competenze necessarie per guidare e gestire una macchina che deve muovere risorse, gestire stock, promuovere la crescita commerciale, gestire le relazioni e le relative pratiche amministrative con decine di grossi ed esigenti clienti finali.
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da LaDela | Ott 13, 2013 | Storie di vita vissuta
Un collega chiama chiedendomi un parere: c’è da fare una due diligence per l’acquisto, a scopo di salvataggio, di una società dell’IT che naviga in cattive acque ma pare avere molto potenziale. Stavolta i parametri economici e patrimoniali non bastano: per capire se c’è redditività prospettica ci vuole una valutazione di processo.
Dieci presentazioni, una montagna di slides, sei ore chiusa in sala riunioni con l’imprenditore.
Un trilione di domande, demo di software da guardare, una relazione di parole fitte fitte per esprimere in poco tempo il potenziale di un soggetto economico sull’orlo del fallimento.
Una bella responsabilità, direte voi. Un lavoro divertente, aggiungo io, che da anni non riesco più a far niente che non mi diverta.
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