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aspettando defcon 5

Mi chiedo se vi siate mai posti il problema, se abbiate mai realizzato quanto preziosi e delicati siano i vostri sistemi informativi.

Gli ultimi giorni mi dicono che no, non ci avete mai pensato, cari imprenditori che chiamate sempre dopo che è successo un casino, mai prima che capiti.

Imparerete mai che prevenire è meglio che curare, che gli incidenti si possono evitare, che costa molto di più correre ai ripari che non investire in sicurezza?

Forse no, non lo imparerete mai, e quelli come me avranno sempre un mercato ricco e faticoso in cui sguazzare alacremente, chi più chi meno.

Una azienda media, solida e ricca. Un fornitore di tecnologia piccolo, improvvisato ed evidentemente incosciente. Una potenziale causa milionaria e due aziende paralizzate ad arricchire i consulenti per salvarsi il culo.

Ecco com’è andata.

Un disastro. Uno di quelli in cui i consulenti bravi, quelli che mettono la flangia al culo, come dice il mio Luca, potrebbero farci una fortuna.

E ancora mi sto chiedendo cosa si è capito di questa storia, che ne è forse la parte più triste, se non aberrante.

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giorno sei. defcon 3.

Un’altra notte in piedi. Un mal di testa feroce. Cinque società che lavorano per riparare al danno, un numero imprecisato ma vertiginoso di tecnici che lavorano, di mail da scrivere, di nomi da ricordare.

Sequenze, iterazioni e nessuna macro che mandi mail al posto del responsabile IT.

E’ successo un miracolo, solo che adesso c’è da dare seguito per non perderne i provvidi frutti.

Vi avevo mica detto che la consulente fissata aveva fatto fare l’ennesima copia ossessiva dell’intero disco del server crashato, raccogliendo improperi a destra e manca?

Vi avevo mica detto che aveva scritto una soluzione per la continuità aziendale in emergenza?

Beh, buon Dio, ha funzionato!

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giorno cinque, fermo immagine

C’eran quelli che speravano nelle buone notizie.

E invece no… ce n’è ancora qualcuna di cattiva prima del gran finale col botto.

Raccontare questa storia è come ascoltare un pezzo dei Chemical Brothers a tutto volume in una stanza vuota: solo a pensarci si buca il cervello. Rimbomba nei recessi della mente, quelli che cercano di riposare la notte. Insiste. Rimbomba, picchia, insiste. Massacrante, imprevedibile, ma soprattutto imponderabile nelle sue conseguenze. Come un fungo allucinogeno di pessima fabbricazione.

Siamo al giorno cinque dello stato di guerra, ed è mercoledì mattina.

E se non bastasse, piove.

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